<lazyboy>
“Filofobia - Entrée du port.”
lunedì 2004-04-05
Il 28 marzo è uscito per un'etichetta indipendente il primo album dei
Filofobia,
Entrée du port.
Perché ne scrivo, chiederete voi? Beh, di certo non voglio mentirvi: la ragione principale è che il chitarrista dei Filofobia è
Jacopo Ponticelli, mio amico ed ex compagno di università, ottimo strumentista, geniaccio nello studio, bravo calciatore, bel ragazzo, ed oltretutto fa pure un'ottima carbonara (no, ragazze, mi spiace, da quanto ne so attualmente è impegnato, quindi giù le mani!).
Ma c'è anche un'altra ragione, ed è che i Filofobia (originari di Arezzo) sono un'ottima realtà emergente nel panorama musicale italiano, hanno le potenzialità per crescere e sono sicuro che lo faranno.
Solo che emergere dal magma della pastosa discografia italiana è ben difficile, ed è quindi un dovere supportare le band nascenti: il mio invito è quindi quello di devolvere 10 euro (tanto è il costo dell'album, se non erro) alla causa dei Filofobia. Il disco lo trovate in alcuni negozi, ma credo non sia così facile; ragion per cui se volete tagliare la testa al toro potete ordinarlo direttamente sul
loro sito.
Ma, a questo punto, sarebbe necessario parlare un po', di questi Filofobia. Il mio amico Manfredi li descrive così: "Parte strumentale alla Pink Floyd, parte vocale tipo Marlene Kuntz". Qualcosa di vero in questo bizzarro accostamento c'è, ed io aggiungerei pure che assomigliano anche a dei Radiohead un po' più cattivelli.
Vabbè, scusate per la recensione di merda, ma vi assicuro che i Filofobia sono degli ottimi musicisti, e comunque qualcuno dei loro pezzi lo potete ascoltare
sul loro sito, con buona pace mia e di Manfredi.
Vi giuro che se acquistate
Entrée du port poi Jacopo viene a casa vostra a cucinarvi una carbonara ed intrattenervi con una chitarra acustica mentre mangiate.
<clem131>
“Notti Alcooliche & Cioccolata Belga”
lunedì 2004-04-05
Che posso dire.
No, there ain't new tavola 2day on the covodeglisbronzi.
Il motivo?
Mettetevi comodi, ne ho da raccontare. In questo weekend mi son successe troppe cose contemporaneamente, e non mi sono sentito così surreale ed ovattato da quando son tornato dalla festa di laurea di mia cugina Diana con i pantaloni verdi, dopo aver dormito in una panchina del giardino dell'edificio dove si svolgeva la festa, avendo perso il mio ciondolo, col cellulare chissà dove e una escoriazione notevole sulla schiena di cui non ricordavo assolutamente nulla.
Sabato sera sono stato al Tipota, in via Brioschi 32 a Milano. È un locale molto bellino, vasto ed angusto, decorato da writers (credo di aver visto un pezzo Atomo, là dentro, ma mi sa che ho capito male io) & aggeggi appiccicati sui muri. Il gestore è un ragazzo biondo molto simpatico tra lui e le amiche dietro al bancone hanno più piercing di un mohicano sbronzo. Il vero motivo per cui sono andato lì è per trovare l'amico Tommaso, ai tempi del liceo amichevolmente soprannominato Tommie the Commie per via delle sue tendenze politiche. Il gestore piercingato di tanto in tanto gli lascia mettere su i dischi assieme ai suoi amici, che chiameremo Ruggero, Dj Pajura e Dj Macellaio.
Non mi divertivo così da secoli.
Musica mista, prettamente reggae, ska, doppia H e roba del genere. Gente varia, ex compagni di liceo che non vedevo da cifre di tempo a sei zeri, e robetta del genere. Il posto è anche multietnico, pare, c'era una ragazza basca, di cui non so molto, e un melange di Olanda, Sudamerica e birra belga doppio malto che chiameremo Mademoiselle. Nello stanzino minuscolo ho trovato lo spazio per tirare giù due cuba o tre ed una elephant (la stessa che Massimo ed Enzo spillano al covo); è girata una boccia di Bacardi scuro riserva speciale da cui ho tirato un paio di sorsi e un bicchierino.
Don't try this @ home, kids. Just don't.
Quando l'atmosfera si è sciolta, hanno cominciato a rimbalzare teste&tette coi bassi reggae & dub a palla, il gestore è salito due volte per dire di abbassare il volume e una per dire che non ci si fa le canne nei locali pubblici (tra l'altro prendendosela con me che ero solo casualmente vicino alla finestra per prendere una boccata d'aria). Nel casino dello stanzino angusto in cui ci trovavamo mi sono spaccato a urlare saluti ai vecchi amici che via via arrivavano sulla scena deformata del mio campo visivo, ho saltato parecchio sul levare di Africa Unite, Persiana Jones, Stiliti, & altra simpatica gente pigiata come aringhe in compilation da Tommie & soci. La cosa simpatica è che qualsiasi cosa, dalla birra ai cocktail alle sigarette, donne escluse, veniva messa in comune da tutti. Mononucleosi? Può essere, è comunque troppo bello. Di fatto i cocktail che ho elencato sopra li ho pagati io e bevuti col resto della truppa, passando a caso tra un salto in levare e l'altro.
Sto usando parecchio la &, in questo rant.
Dunque, dicevo, la serata è proseguita con alcune boccate d'aria tirate fuori dal locale prima di rientrare a spaccarci. Non appena ho messo ordine nel groviglio di linguaggi che conosce Mademoiselle, ho capito che avevo a che fare con una belga e mi son messo a parlare in francese. Adoro parlare in francese ed adoro farlo con francofoni madrelingua. Non parlavo in francese da quando siamo stati a Luccacomics in novembre, e la sera del venerdì io & altra gente abbiamo portato a spasso una signorina belga sedicenne amica della zia di Lapo. Nel corso della conversazione alcuni particolari irrilevanti che sono saltati fuori sono che a) ho gli stessi occhi di un suo amico (proprio i suoi, me li sono fatti impiantare) e b) che parlo bene il francioso ma si sente l'accento italioso. Effettivamente ero parecchio arrugginito, ma parlare quella lingua mi dispone sempre in uno stato d'animo di benevolenza verso il mondo intero.
È così che, parlando del più e del meno, siamo finiti all'argomento studi; lunedì Mademoiselle avrebbe dovuto consegnare un book stranissimo fatto di incollaggi di roba di maglieria più progetti e disegni suoi sul tema "Lolita". Per motivi misti Mademoiselle si era ridotta un po' all'ultimo momento e le si prospettava per l'indomani, domenica, una intensa giornata di incollaggio e altri lavori pakkofossili & noiosi & quant'altro. Sarà l'alcool, sarà quello che volete, alla fine della serata ci siamo salutati scambiandoci i numeri di telefono e accordandoci in modo che io la chiamassi la mattina dopo per vederci, in modo che l'aiutassi col suo lavoro.
E così è stato.
La mattina dopo sono stato svegliato all'alba dai miei scout in uscita di squadriglia, dopodiché non sono riuscito a riprendere sonno sicché dopo un'oretta di gira e rigira sotto al piumone mi sono diretto in doccia ad affogare i folletti urlanti che mi rimbalzavano nel cervello e i loro cugini goblin danzanti nel mio stomaco. Caffé. Guaranà. Cocacola. Check dell'email, relax con un po' di musica a basso volume, racconto di Wodehouse da leggere; poi, verso le 10.30, immaginandola sveglia dall'alba per lavorare, l'ho chiamata.
Mademoiselle era a letto ma per nulla contrariata dal fatto che l'avessi costretta ad alzarsi. "Vieni qua tra due ore, così mangiamo insieme e poi si lavora". Mi sembra un programma ottimo.
Un'ora e mezza dopo, esco di casa con le gambe tremanti e i sudori in tutto il corpo causa alcool della sera prima, e faticosamente metto in moto, incappando poco dopo nella Stramilano, odiosa maratona milanese che praticamente passava esattamente per la strada che dovevo fare io per andare da lei.
Ci sono arrivato un'ora di giri assurdi dopo. Esausto. Incazzato. Mai sono stato così mal disposto nei confronti dello sport.
Il mio stomaco provato è tornato in sesto mentre mangiavamo un piatto che forse non è consigliato per i doposbronza, ovvero uova e lardo passati in padella, con pane burro formaggi e prosciutto morbido. Era tutto talmente buono che ho iniziato mangiando a fatica ed ho finito di gusto e quasi ne avrei preso ancora.
Poi, il resto del pomeriggio è passato, nell'atmosfera ovattata e dolorante della mia testa, in camera sua, a strappare e ritagliare e scannerizzare e ritoccare foto miste di gente cartacea mista, interrotto solo di tanto in tanto da telefonate di fidanzato, parenti, gente reale mista. In 4 ore Mademoiselle ha risposto al telefono in 3 lingue diverse senza la minima difficoltà. Ed abbiamo scambiato pure, con mio grande piacere, qualche parola in francese.
Insomma, non so come spiegarmi, ma è stato quel genere di lavoro manuale e ripetitivo che disponde bene verso il mondo intero (un po' come parlare in francese ;) ), di quelli che fai parlando di tutto e di niente ed ascoltando musica. Adesso so un sacco di belle cose di Mademoiselle, e sono stato proprio tranquillo, rilassato, nell'ambiente piacevolmente estraneo della sua camera con lei, piacevolmente estranea, conosciuta solo la sera prima. Fogli ritagliati e carta spezzettata ovunque. È stato un po' come andare in vacanza da solo da qualche parte lontano.
Ho fatto anche un paio di danni con il ritaglio, ma non diteglielo! Shhh!!
Alle 17 siamo andati a rilassarci in terrazza, fumando una sigaretta (non ditelo a p_chan) con la luce del pomeriggio che comincia a declinare e mangiando cioccolata buonissima che aveva lei in casa, con un po' di uva. Abbiamo osservato i tram e parlato di Ghost in the Shell e di Calvin & Hobbes.
Il succo? Avrei dovuto disegnare la tavola per il covo degli sbronzi, ma mi sono preso una vacanza per conoscere una persona.
Sono sempre contento di conoscere le belle persone.